L’esotismo evoca immagini di luoghi lontani e tradizioni straniere, elementi che si discostano dalle nostre abitudini quotidiane. Per un milanese come me, la tradizione bresciana e bergamasca di vedere lo sposo aspettare la sposa sul sagrato per consegnarle il bouquet può sembrare esotica, proprio come il vibrante festival dei colori che si svolge in India in primavera (holi), o persino la frutta martorana che i bambini siciliani mangiano durante la festa dei morti (un aspetto con cui sono familiare, essendo siciliano dalla parte di mia mamma).
È innegabile che ciò che ci appare nuovo ed emozionante susciti la nostra curiosità. Non sorprende, quindi, che molti fotografi e fotoamatori si dirigano verso località lontane per catturare immagini interessanti, ma mi chiedo spesso se gli abitanti di quei luoghi trovino altrettanto affascinanti le fotografie delle loro strade, tradizioni e cultura.
Voglio precisare che non sono contrario a questa pratica. Anch’io, quando parto per un viaggio, porto con me la macchina fotografica per immortalare luoghi che ho visitato. L’entusiasmo di scoprire nuovi posti e nuovi odori stimola la mia creatività. Tuttavia, quando vedo fotografie che si assomigliano tutte di bambini indiani, africani o cubani, non posso fare a meno di interrogarmi se il nostro sguardo da europei non sia influenzato da un passato e una concezione coloniale di ciò che definiamo “terzo mondo”.
Sarebbe importante imparare a guardare con occhi nuovi ciò che ci circonda: l’esotismo delle nostre città, delle nostre tradizioni e della nostra cultura. Prima di tutto, perché è sicuramente esotico dal punto di vista di chi proviene da un altro posto. In secondo luogo, per conservare la memoria dei nostri tempi.
I nostri tempi sono quelli della globalizzazione, giorni in cui le tradizioni di diverse popolazioni si fondono per diventare patrimonio comune dell’umanità. Non sorprende più per un milanese mangiare pane e panelle durante la pausa pranzo e assaporare involtini di nan, baozi e pho a cena.
Perciò, dobbiamo coltivare la curiosità e osservare il nostro mondo con occhi nuovi ogni giorno. Tra molti anni, potremo raccontare ai nostri nipoti le storie dei luoghi che abbiamo vissuto con l’entusiasmo che meritano le nuove generazioni.
Colonna sonora: Corso Buenos Aires – Lucio Dalla.